venerdì 10 aprile 2009

I MORTI, LA CRISI, LA NEW TOWN

Oggi è stata una giornata di cordoglio nazionale. Funerali di Stato in una città L'Aquila, distrutta dal terremoto e dal malaffare. Di fronte a tale catastrofe ogni altro problema diventa secondario.

Giustamente la massima attenzione dei media è rivolta al disastro colposo che ha causato più di 200 morti, ma naturalmente gli altri problemi del Paese non si sono dissolti, anzi sebbene non se ne parli più, la crisi economica è sempre lì, pesantemente presente nella vita degli italiani. Non per tutti gli italiani ovviamente, una piccola parte infatti come niente fosse si appresta a trascorrere il ponte pasquale in qualche località turistica magari in un luogo esotico.

Molti altri invece sentono sul collo il fiato della crisi e la perdita del posto del lavoro. Situazione che mette nel panico milioni di lavoratori, donne e uomini che rischiano di perdere l'unica fonte di sostentamento per la loro famiglia. Le cose non vanno bene, nella nostra regione sono decine i casi di chiusure di aziende e di licenziamenti. Giusto ieri sui giornali si è letto della preoccupazione dei sindacati sulla vicenda dell'Antonio Merloni di Fabriano. La crisi della Merloni non colpisce solo i lavoratori della fabbrica ma tutta l'economia della città, come accade in tutte le città che vedono chiudere le attività artigianali, industriali e commerciali.

La grande manifestazione della CGIL di Roma di sabato scorso è stata organizzata per far emergere il disagio e la protesta di una parte importante dell'Italia, il Governo avrebbe dovuto prendere atto della protesta, invece prima ne ha sminuito l'imponenza poi addirittura ha sbeffeggiato i partecipanti, ora cerca di cancellarne il ricordo.
Ma la crisi è sempre lì. Non credo che sarà accettabile vederla derubricata, messa in secondo ordine.

Sarebbe necessaria una azione politica capace di ridare speranza, invece dal palcoscenico triste dell'Abruzzo siamo costretti ad ascoltare spot di un'Italia che non esiste.

La new town (NU' TAON), l'ennesima idea del Cav. Berlusconi. Dopo il maestoso progetto del ponte sullo stretto di Messina, ecco la costruzione di una seconda città alle porte delle città esistenti. Naturalmente l'ispirazione viene da MILANO 2 la città satellite stile Truman Show, dove tutto è bello e dove tutti sono felici. La città costruita da Berlusconi quando era "solo" un palazzinaro.

Una idea perversa per ridare slancio all'economia. Che importa se il poco verde disponibile verrà irrimediabilmente cementificato. Chi se ne frega se una ulteriore urbanizzazione aumenterà il dissesto idrogeologico già molto frequente in tutta Italia, mettendo a rischio a rischio la vita delle persone. Ipocritamente ci sarà sempre un governante disposto a farsi fotografare mentre commosso si dice indignato per l'ennesima strage di persone. Esattamente come sta accadendo in questi giorni in Abruzzo.

La soluzione dei geni della politica sembra girare intorno all'edilizia, grandi opere, ponti, strade, città, come se lo spazio disponibile fosse infinito.

Non può essere questa la risposta alla crisi, che è mondiale e ha bisogno invece di nuove idee, sostenibili per l'ambiente quindi a misura di essere vivente.

La crisi è seria e colpisce pesantemente prima di tutti i più deboli. C'è bisogno quindi di una politica seria, ma per ora non ce n'è traccia.

1 commento:

amaranta ha detto...

Già non sopporto questa politica fatta di slogan.Queste esterofilie gratuite e ripetute. "New town". Riempe la bocca.....dicendo tutto e niente. E, dalle poche interviste che ho potuto ascoltare.....non mi sembra che la popolazione de L'Aquila apprezzi questa proposta di una nuova città in periferia. Perchè così si smembra il tessuto sociale e si rischia di creare una città-ghetto.
Per quanto riguarda la manifestazione del 4 aprile, una cosa mi ha amareggiata: che la critica più feroce sia uscita dalla bocca del segretario della CISL. Il quale ha sputato veleno dicendo che la manifestazione è stata un flop. Non mi aspettavo plausi. Ma nemmeno una guerra tra pari, perchè i sindacati, pur percorrendo strade a volte diverse, dovrebbero convergere su princìpi univoci. Se perdiamo questo obiettivo, perdiamo la lotta.