venerdì 19 agosto 2011

COINCIDENZE Un racconto quasi autobiografico

La macchina accosta a destra, si ferma nelle piazzola di sosta. E’ estate ma non si sente ancora il caldo afoso, tipico del periodo in questa zona. La giornata è appena iniziata, non c’è un motivo per quella sosta improvvisa, almeno non un motivo razionale.

Spegne il motore, sgancia la cintura di sicurezza, tira indietro il sedile, abbassa un po’ lo schienale, cerca una posizione comoda, di rilassamento.

Quella strada la percorre spesso e sempre frettolosamente, con la mente affollata dalla moltitudine delle cose da fare, i clienti da visitare, le difficoltà del mercato. Ma oggi, chissà perché, ha deciso di fermarsi, solo una piccola sosta, una necessità inconscia.

Certo, il panorama mozza il fiato. Forse è quello il motivo che lo ha spinto a fermarsi. Le montagne sono completamente ricoperte da un fitto bosco, il verde è il colore dominante, seppure in mille tonalità che si accentuano man mano fino a volgere al marrone. Uno spettacolo della natura. Su un monte un piccolo nucleo di casette bianche, sicure testimonianze di una postazione di vedetta medievale. Questa immagine da cartolina è illuminata da un raggio di sole; sembra l’opera di uno scenografo, invece è solo la maestosità della natura che si manifesta nella sua purezza.

Questa visione lo rasserena, lo fa star bene.

Basterebbe rallentare il ritmo della vita, pensa, per godere di cose che non costano denaro, che sono lì, sempre disponibili, da sempre. Un dono prezioso proprio perché senza prezzo da dover corrispondere.

Abbassa il finestrino e subito entra un rumore totalmente estraneo al campo visivo. Quel rumore molesto, è prodotto dal ruggito degli escavatori, enormi macchine cingolate che graffiano le pareti delle montagne. Si accaniscono senza pietà con gli enormi cucchiai artigliati, penetrano la parete, violentano la montagna. Dal punto in cui si trova non vede niente, c’è solo il rumore di fondo ma basterebbe spostarsi di qualche metro, dopo la curva, per vedere lo scempio. Lo sa bene, quella scena l’ha vista più volte, anche se distrattamente, durante i frequenti passaggi in quella zona.

Gli viene in mente un ricordo lontano, che immediatamente diventa nitido. Rivede se stesso bambino quando passava da quelle parti con la famiglia e si ricorda delle fantasie che quel paesaggio gli scatenava. Un luogo così selvaggio lo proiettava in epoche antiche. La strada tortuosa che si incuneava nelle gole scavate da ghiacciai ormai scomparsi, lo faceva sentire minuscolo, inerme. Era intimorito da quelle rocce che sembravano crollare da un momento all’altro. La fantasia di bambino gli faceva rivedere gruppi di uomini che a piedi si avventuravano per settimane attraversando dirupi e guadando torrenti per raggiungere i villaggi situati nell'altra vallata. Altre volte la fantasia gli palesava la visione di enormi animali preistorici che pascolavano tranquilli in quei territori incontaminati.

Fantasie di bambino, per le quali prova nostalgia e allo stesso tempo dispiacere di non riuscire più ad alimentarle nella sua mente. Ha ormai raggiunto il mezzo secolo di vita e il suo fardello esistenziale racchiude le gioie, i fallimenti e le responsabilità di un uomo cosciente di aver superato il “giro di boa”.

Oggi però, in questa strana giornata di quiete, per un attimo la fantasia infantile gli si riaccende, tanto da paragonare i caterpillar, enormi ed invadenti,ai diretti discendenti tecnologici dei dinosauri, una sorta di pronipoti meccanici. Bestioni che pascolano al posto dei giganti estinti, ma con propositi nei confronti della natura totalmente diversi.

È lo sviluppo, il progresso, almeno così dicono. I mostri d’acciaio stanno lì per costruire una nuova superstrada. Spianano colline, tagliano alberi, perforano montagne. È il prezzo della modernità, della civiltà; l’intento è velocizzare i percorsi, accorciare i tempi. Il tempo, come è noto, è denaro.

I pilastri di cemento e i tronconi dei ponti tracciano una linea come fa il sarto con il gesso sul tessuto. Chilometri di tratteggio in mezzo al verde.

Per coprire il rumore delle ruspe, infastidito, allunga il braccio e con l’indice spinge il tasto dell’autoradio. Si sintonizza su un canale che trasmette musica; riconosce quel brano, è di Fossati, alza un po’ il volume. Gli piace Fossati. Quel gesto fa cadere dal cruscotto un bigliettino da visita. Lo raccoglie, è il suo bigliettino. Uliano Emili, responsabile sviluppo.

Curiosa la vita, lui responsabile dello sviluppo aziendale, proprio lui che la parola sviluppo la vorrebbe far sparire dai vocabolari. Una contraddizione della sua vita. Da un lato la consapevolezza che il mondo così come è governato non è sostenibile, troppi consumi, sprechi, poca solidarietà. Dall’altro un lavoro che invece richiede performance commerciali sempre in crescita, giustificati ipocritamente dal falso mito dello sviluppo infinito. La vive male questa incoerenza. Chissà, è forse questo malessere dell’animo che oggi inconsapevolmente l’ha fatto fermare nell’area di sosta a pensare.

La radio ora trasmette una canzoncina orecchiabile, è il tormentone dell’estate. Quel tipo di canzoni di cui nessuno conosce il titolo, che durano una sola stagione e poi scivolano via senza lasciare nemmeno un ricordo. Spariscono. Niente a che vedere con la sensibilità di Fossati. Anche nella musica vige la Legge del consumo espresso, dello sviluppo funzionale esclusivamente al profitto.

Improvvisamente la musichetta si interrompe. Al suo posto la sigla del radiogiornale.

-Edizione straordinaria- “interrompiamo le trasmissioni per collegarci in diretta con Montecitorio. Il Governo ha appena approvato la manovra finanziaria aggiuntiva per contrastare la grave crisi economica del Paese.

Il Premier nel ricordare che stiamo attraversando una crisi mondiale che colpisce molti Paesi europei e perfino gli Stati Uniti, dichiara che è necessaria una manovra finanziaria pesantissima, lacrime e sangue l’ha definita, anticipando tagli ai servizi essenziali, nuove tasse quindi sacrifici enormi. Per rilanciare lo sviluppo, i datori di lavoro da oggi potranno licenziare con maggiore facilità, verranno bloccati i pagamenti dei tfr e non verranno pagate le tredicesime ai lavoratori pubblici, si alzerà l’età pensionabile”. “In questo momento giungono notizie allarmanti, all’esterno del Parlamento si sono radunate alcune migliaia di persone che protestano indignate. Alcuni rivoltosi hanno cercato di sfondare il cordone di sicurezza per entrare nel Palazzo. Sembra che le forze dell’ordine abbiano risposto con violente cariche, ci sono feriti. Alcuni hanno sentito distintamente degli spari”…. “ Ci comunicano in questo momento che anche in altre città gruppi di persone autonomamente si stanno radunando nelle piazze. Una forte tensione sociale si estende a macchia d’olio nel Paese….” Click.

Uliano spegne la radio, apparentemente la notizia non lo sorprende granchè. Era nell’aria, pensa. Anzi crede che gli italiani abbiano atteso fin troppo.

Quella sosta oggi la potrebbe definire una sorta di premonizione. Una giornata come tante altre: la fretta il lavoro, i clienti, i caterpillar, lo stress della modernità, una corsa inutile e dannosa. Una strana coincidenza, pensa.

Riprende in mano il bigliettino da visita, lo guarda, -responsabile allo sviluppo-. Lo strappa, ne fa coriandoli e li lascia cadere dal finestrino. Risistema il sedile, allaccia la cintura di sicurezza, mette in moto, ingrana la marcia e con una inversione a U dirige la macchina verso casa. Per oggi basta così, chissenefrega dei clienti. È tempo di rivedere le priorità della vita.

venerdì 5 agosto 2011

DIMISSIONI DI CLAUDIO PAOLINELLI COORDINATORE SEL PROVINCIA DI ANCONA

È grande il dolore che mi spinge a scrivere questa lettera. Dolore determinato dalla delusione, enorme, e dalla certezza che il sogno che mi aveva convinto a partecipare alla costruzione di SEL, si è infranto scontrandosi con la triste realtà dei fatti. Da ingenuo avevo creduto nel progetto, nel sogno appunto, della nascita di una nuova Sinistra. Un Partito, un movimento che avesse realmente intenzione di smarcarsi dalle miserevoli pratiche della vecchia politica. Una Sinistra nuova, attenta ai problemi della gente, inclusiva e soprattutto in grado di ascoltare. Avevo la consapevolezza di intraprendere un percorso lungo e pieno di difficoltà, per le differenti sensibilità che compongono SEL, ma con la speranza però, di riuscire con l’intelligenza e con la buona volontà di tutti ad iniziare ad amalgamare un impasto di idee e di esperienze utili al nostro Paese. Con questi princìpi mi sono messo a disposizione.
Un sogno infranto e la certezza purtroppo che nel nostro Partito quell’aria di novità così declamata in questi mesi a tutti i livelli, a partire dall’emozionante Congresso nazionale, non è possibile respirarla.

La realtà brutalizza pesantemente il mio modo d’essere e punisce la mia ingenuità. È per me insopportabile continuare a coordinare un Partito, seppur solo a livello provinciale, nascondendo, alle persone che ci guardano fiduciosi e a me stesso, che dietro la bella copertina con cui ci presentiamo esiste una realtà molto diversa. L’ho già detto altre volte, parlo dell’esperienza provinciale: ci siamo presentati con una invitante e patinata copertina, ma all’interno del libro scorriamo pagine di pessima pornografia.
Questi mesi di esperienza in qualità di coordinatore di SEL della federazione provinciale di Ancona, sono stati caratterizzati da continui e incredibili comportamenti a cui ho assistito, che hanno avuto come obiettivo la conquista dell’egemonia interna al Partito. Squallide operazioni funzionali alla occupazione di spazi, che hanno cercato di rilanciare la politica delle “correnti” alimentando la divisione del partito in maggioranze e minoranze. Tutto l’opposto di quello che ufficialmente raccontiamo alla gente. Compagni che in preda alla crisi identitaria o al tormento che li porta verso il viale del tramonto, cercano un’altra opportunità, senza passare attraverso i passaggi democratici e partecipativi.

Sono stati mesi pesanti, ogni riunione è stata una vera guerra, mai un confronto politico, solo scontri duri a spaccare il Partito. Prendo atto, quindi che non ci sono più le condizioni per proseguire con il mio impegno, che ci tengo a dirlo è stato totale e completamente disinteressato.

La decisione viene a causa degli ultimi fatti accaduti a livello provinciale, la classica goccia che fa traboccare il vaso. Succede che un manipolo di persone decidano di tirare la volata ad un consigliere comunale di Ancona dai trascorsi “gloriosi”, che pur di non scendere a democratica discussione con il partito a cui è iscritto, prima rivendica pubblicamente la sua autonomia/estranietà con le decisione assunte dal Circolo cittadino, poi aggredisce fisicamente chi non la pensa come lui, ed in ultimo “ordina” ai suoi fedelissimi di costituire due nuovi circoli nella città di Ancona, in totale antagonismo con quello esistente. La federazione provinciale di cui io sono coordinatore decide quindi, dopo una ricca documentazione e lunga discussione in assemblea, di non proporre la ratifica dei circoli al livello regionale, pensando di aver interpretato bene lo Statuto. Sembra però che lo abbia male interpretato, sembra che i Circoli possano nascere a prescindere, ed infatti sono nati, ignorando le più elementari regole. Trovo inconcepibile che il nostro Partito non permetta ad un organismo federale di non riconoscere la costituzione di Circoli, se esistono precise motivazioni. Sono rammaricato dal fatto che SEL accetti la formula del “Partito delle tessere”, metodo garantito per la l’inizio delle guerre tra bande e quindi la sicura distruzione di un Partito. Rimango sbigottito quando vedo che il Partito non intende prendere posizione nemmeno nei confronti dei “compagni” maneschi, coprendo la questione nel più totale silenzio, ignorando il valore della solidarietà. Questa ultima vicenda è solo la punta dell’iceberg di una serie di problemi che bloccano SEL, a partire dal gruppo consiliare in Provincia di Ancona che mai ha collaborato ed informato della sua attività il Partito, ed alcuni altri (pochi ma molto “determinati”) compagni sul territorio.

Prendo atto che SEL non è, e non vuole essere un Partito Nuovo, quello narrato da Nichi Vendola, e la cosa mi spezza il cuore. Ne prendo atto, quindi non intendo essere protagonista di un progetto che non mi appartiene. Così come l’ho conosciuto, SEL non è il Partito che sognavo. È tempo di guardare il tutto con distacco sperando di sbagliarmi.

Ringrazio i Compagni/e che mi hanno aiutato con lealtà in questi mesi, compatisco tutti quei “compagni/e” che pur di perseguire il loro obiettivo, non hanno avuto scrupoli a buttare tutto all’aria, a giocare in malafede. Mi dispiace per loro perchè non si rendono conto di essere fuori dalla storia. Ma soprattutto mi dispiace per SEL.

Claudio Paolinelli