lunedì 11 ottobre 2010

RELAZIONE DI APERTURA DEL CONGRESSO PROVINCIALE DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'

10 ottobre 2010

Care Compagne, cari Compagni con questa giornata diamo concretezza al lavoro, agli sforzi, ai sogni di ognuno di noi.

Noi, che da alcuni anni stiamo coltivando l’idea di vedere nascere un nuovo Partito della Sinistra.

Una esigenza che non vuole e non può colmare il nostro personale disagio di “orfani“ della rappresentanza politica, ma che nasce dal vuoto di democrazia che si percepisce nel Paese.

Il nostro presente è cupo, scosso da venti reazionari, con un Governo autoritario forte con i deboli, intento soprattutto a tutelare gli interessi del capo-padrone. Un presente fatto di scandali, storie di corruzione, intrecci misteriosi e destabilizzanti tra Stato e mafia con la comparsa della P3 che è una variante genetica del “virus” eversivo di Licio Gelli.

A questo scenario, di per sé già drammatico, dobbiamo aggiungere la crisi economica. Una crisi mondiale, di cui ancora non conosciamo appieno le conseguenze. Una crisi che accentua le diseguaglianze, dove la ricchezza è in mano a pochi potenti a discapito di miliardi di esseri umani; una crisi che mette in diretta concorrenza i lavoratori delle varie parti del mondo. Con il risultato che i lavoratori del cosiddetto terzo mondo, continuano ad essere trattati come merce, privati di ogni diritto, e con i lavoratori dei Paesi industrializzati che, per restare sul mercato, quei Diritti acquisiti mediante anni di lotte, a volte dolorose, se li vedono annullare.

È il caso di Pomigliano d’Arco. Con quella triste pagina, in Italia, si è ufficializzato l’attacco finale ai Diritti dei lavoratori. Si è aperta una crepa, sottovalutata da alcuni sindacati e anche da alcuni autorevoli esponenti del centro-sinistra. Solo la FIOM, benchè lasciata sola, è rimasta a difendere non solo i Diritti e la dignità dei lavoratori, (di tutti i lavoratori, non solo quelli di Pomigliano) ma a difendere anche il “dettato Costituzionale”.

Con Pomigliano è iniziata la guerra tra poveri. Qualcuno avrà letto la lettera dei metalmeccanici polacchi scritta il 13 giugno, ed inviata ai colleghi di Pomigliano alla vigilia del referendum. C’era scritto: “La FIAT gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione, avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli altri. E a Tychy lo abbiamo fatto… Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro, fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre….”

In quella lettera c’è però un seme di speranza perché finisce così: “E’ chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente”.

Questa crisi ha un nome: si chiama LIBERISMO. Berlusconi in Italia ne è il massimo rappresentante, ma non è l’unico. Metto nella lista tutti quelli che sotto il falso nome di “riformismo” hanno assecondato le non-regole neoliberiste e favorito una globalizzazione la cui espansione, continua a generare diseguaglianze sempre più evidenti nel mondo, e anche nel nostro Paese.

In un Paese normale, davanti a crisi di queste dimensioni, ci si aspetterebbe dal Governo serietà, sobrietà, responsabilità, invece, oltre alla crisi economica, ci troviamo sprofondati in altre e, sotto certi aspetti, peggiori crisi: quella sociale, quella culturale, quella morale, dalle quali sarà molto difficile risalire la china.

Le persone sono disorientate, impaurite, demotivate, bombardate mediaticamente da notizie dai contenuti talvolta tendenti a rinfocolare odio e paure, altre volte a descrivere scenari idilliaci, come se vivessimo nel migliore dei mondi. Aumentando così l’egoismo e sgretolando uno dei migliori pregi del nostro Paese che è quello della solidarietà, maturato in secoli di Storia.

In una fase in cui ciò che più conta è l’interesse di pochi, anche l’ambiente viene penalizzato. La logica che tutto ha un prezzo, ha portato a considerare merce ogni cosa, le persone come ho detto prima, ma anche i Beni Comuni, e il tentativo di privatizzare l’acqua ne è un esempio. Con questo criterio si monetizzano interi territori i quali vengono sacrificati alle speculazioni. Centrali elettriche, rigassificatori, inceneritori, urbanizzazioni selvagge, progettati senza il minimo riguardo nei confronti della salute pubblica, spesso dietro lo scudo immorale del ricatto occupazionale, sfregiando per sempre il Paesaggio. Per non dire del disastro che provocheranno le centrali nucleari e le sue scorie radioattive, anche nel nostro territorio.

Per capire bene la crisi occorre guardarla attraverso un grandangolo. Vedendo le cose da troppo vicino, mettiamo a fuoco una realtà limitata anche se nitida. Ampliare la prospettiva a 360° ci permette di capire che la situazione italiana è si molto grave, con i cittadini oppressi dai licenziamenti, dalla perdita dei Diritti, della dignità e della speranza, con il Sud d’Italia che non ce la fa.

Se proviamo ad allargare l'orizzonte però, scopriamo che nel mondo ci sono milioni di persone che lavorano una intera giornata per meno di un dollaro, che lavorano senza alcun diritto, schiavi di un sistema che arricchisce una piccola minoranza di persone.

Guardando dall’alto ci si accorge che milioni di persone non hanno accesso all’acqua, alle medicine, all’istruzione, pur vivendo spesso in territori ricchi, derubati letteralmente delle loro preziose ricchezze quali oro, diamanti, petrolio, gas, e devastati da guerre infinite. Ci sarebbe da chiedersi chi sono per questi diseredati “i veri Stati canaglia”.

Gramsci non si stancava di ripetere che “nessuna politica economica è valida in Italia, nessun rinnovamento è possibile se resta irrisolta la questione meridionale”. In seguito Berlinguer allargava il discorso alla dimensione mondiale e diceva: “ nessuna politica è valida in Occidente se non contiene in sé la soluzione dei problemi del terzo mondo”. Quanta saggezza da questi grandi della politica che mette a nudo quanto poco siano state ascoltate quelle parole.

Abbiamo globalizzato il liberismo più becero, abbiamo tentato di esportare la nostra democrazia, avremmo dovuto globalizzare i Diritti, estenderli al mondo intero.

Ci troviamo a vivere il nostro Congresso nel mezzo di una crisi di Governo violenta. Lo spettacolo a cui assistiamo da alcuni mesi è il risultato di una alleanza fondata sugli interessi e non sui valori. Alleati con caratteristiche molto differenti tra loro, ma con un capo/padrone in grado di tenerli buoni. Poi il meccanismo si inceppa. D’improvviso (sembra), il Presidente della Camera non intende più sottostare ai comandi del Cavaliere fin qui eseguiti pedissequamente.

Adesso Fini nasconde la mano. Quella mano con cui ha stretto alleanze e patti per 15 anni contribuendo al declino del Paese, responsabile lui, il suo partito ed anche altri Partiti che adesso cercano una nuova verginità riposizionandosi al centro. Adesso Fini nasconde la stessa mano che ha premuto i bottoni della sala operativa del G8 di Genova. Vogliamo o possiamo dimenticarcene?

Non credo che sapremo presto i veri retroscena dell’ammutinamento di Fini, vedremo cosa succederà nelle prossime settimane, ma lo spettacolo parlamentare sulla fiducia al Governo non ispira ottimismo. Sappiamo solo che è crisi. Una grave crisi politica mentre il Paese è alla deriva. Ancora una volta la destra si disinteressa del Paese che Governa e dei suoi cittadini, molti dei quali l’hanno votata con convinzione, grazie anche ad una incessante propaganda che ha modificato la cultura in Italia. Anni e anni di martellamenti mediatici che hanno formato una nuova corrente di pensiero: Il berlusconismo. Il berlusconismo è ormai chiaro, è parte integrante della società italiana, vissuto come uno status dalla Destra, si è insinuato subdolamente anche negli altri Partiti, nelle vite delle persone comuni, ed è ormai difficile da debellare perché è parte integrante della vita quotidiana.

In questo scenario si pone il nostro Congresso.

Che straordinaria responsabilità abbiamo.

Vogliamo costituire un Partito capace di invertire la rotta, che riesca a cogliere la domanda di Legalità, di Democrazia e di Libertà che c’è nel Paese.

Vogliamo restituire i Diritti ai lavoratori, e con i diritti la dignità: condizione essenziale.

Vogliamo ricondurre l’Italia a ragionare in termini di sensibilità ambientale. Tutelare il territorio e i Beni Comuni. Vogliamo un Partito che ripudi la guerra, che allontani le paure con la cultura dell’esclusione del diverso, un Partito in cui un uomo, una donna, un africano, un asiatico, un arabo, un europeo, un ROM, un’omosessuale, siano prima di tutto esseri umani.

La crisi di Governo in atto condizionerà in qualche modo anche il nostro Congresso. Le possibili elezioni anticipate modificheranno il nostro percorso.

Battere Berlusconi è un imperativo. Ma il nostro Congresso non è un normale Congresso. È un Congresso Costituente, ed è indispensabile che con il Congresso vengano fissate le nostre linee guida, i pilastri che dovranno sostenere la Politica della Sinistra dei prossimi anni.

Solide fondamenta quindi, su cui poggiare tutte le aspettative del popolo della Sinistra.

Un partito Nuovo e non un Nuovo Partito, si è detto più volte.

Il punto è dare forza a quella idea, non tanto con i giochi di parole, ma con concretezza, acquisendo credibilità e fiducia nei confronti di quella parte di cittadini che vorremmo rappresentare, ma che al momento ci guarda con sospetto; non si fida perché è stata tradita troppe volte.

Non è facile fare un Partito Nuovo, ci sono ancora oggi, tentennamenti, paure, e tentativi di far prevalere vecchie, stantie pratiche politicistiche, che sono ormai fuori dalla storia, e quel che è peggio, sono fuori dalla vita e dall’interesse delle persone.

Il Partito nuovo della Sinistra che vorrei, deve essere aperto, disponibile al confronto, deve essere cristallino in tutte le fasi della sua attività politica.

In vista delle elezioni politiche e di quelle amministrative, ad esempio, ritengo assolutamente da evitare la scelta dei nostri candidati in maniera oligarchica anche se la Legge lo permetterebbe, ma è indispensabile individuarli con la massima partecipazione.

A livello locale credo che dovremmo praticare, il ricorso dell’assemblea generale degli iscritti per le grandi decisioni politiche come la scelta delle alleanze, delle candidature, i grandi temi economici, ambientali, sociali, ed anche per la scelta della classe dirigente del Partito.

Questo è un ottimo modo per dare valore al termine PARTITO NUOVO.

Ma ancora ci sono difficoltà ad accettare e praticare la PARTECIPAZIONE, questo perché molti di noi sono cresciuti nelle segreteria di Partito, ed in buona fede credono che quelli siano i luoghi migliori possibili. Quelli deputati alle decisioni importanti.

Voglio fare un esempio, prendendo a spunto la regola congressuale che stabilisce l’elezione del coordinatore provinciale non al Congresso ma delegandone il compito al futuro Comitato provinciale: Riusciremo a fare una riflessione in questo Congresso su questo punto? Un Partito nuovo, lo elegge nel momento di massima partecipazione come quello di un Congresso, esaltandone la Democrazia? O lascia la scelta ad un ristretto gruppo di persone come nella tradizione dei Partiti del ‘900?

Ma intanto le persone si allontanano dalla politica. È nostro compito invece che i luoghi della politica siano frequentati, dalle donne, dagli uomini e dai giovani soprattutto, fare in modo che parlare di politica diventi una cosa appassionante, non sporca.

Un Partito nuovo ha bisogno assoluto di persone nuove, motivate, in sintonia con la realtà che ci circonda. Ha bisogno di un linguaggio nuovo, comprensibile a tutti, soprattutto comprensibile a chi non ha mai frequentato quelle segreterie di partito.

Un Partito nuovo apre il campo alle nuove generazioni e non ha paura della partecipazione attiva. Le fabbriche di Nichi e qualunque altra forma di relazione con la società deve essere la benvenuta e vista come una finestra sul mondo.

Lo so è un percorso tortuoso quello della democrazia partecipata, ma credo che sia l’unico praticabile se veramente abbiamo in testa di costruire qualcosa di nuovo.

Il Partito nuovo che vorrei non si accontenta di un provvisorio consenso elettorale, non può essere sazio di un posticino da deputato, da consigliere o da assessore, ma deve essere alla costante ricerca del consenso di popolo grazie alle idee che espone. Ma non solo, si mette anche in discussione per permettere la costruzione di una Sinistra più ampia possibile.

DOBBIAMO TROVARE IL CORAGGIO DI GUARDARE LONTANO.

Il Partito nuovo della sinistra, deve incentivare la rivoluzione culturale. Gli errori fin qui commessi non possiamo ripeterli. La Sinistra ha gravi colpe, negli ultimi anni non ha capito che il mondo stava cambiando in fretta. La Sinistra ha sacrificato l’enorme contributo sociale e culturale dei movimenti NO global, quelli pacifisti, quello degli studenti, anteponendo la propria vanità identitaria al perseguimento del BENE COMUNE.

Abbiamo perso molto tempo e non ce lo potevamo permettere.

Dobbiamo abbandonare le abitudini e le antiche pratiche politiche ancora così diffuse e fallimentari.

Abbiamo bisogno di nuove idee che arriveranno solo con una nuova generazione della classe dirigente. Credo che la Sinistra avrà respiro solo se aprirà porte e finestre per far entrare aria nuova nelle sue stanze. Solo con la predisposizione positiva alla contaminazione culturale, la disponibilità al confronto, con tutte le persone che abbiano qualcosa da proporre, solo abbandonando passate, sterili appartenenze identitarie, sarà possibile sperare nella nascita di una sinistra NUOVA, non autoreferenziale. Forte in Italia, forte e rappresentativa in Europa.

Mi piace paragonare Sinistra Ecologia Libertà ad una sorgente, una sorgente da cui potrebbe nascere un corso d’acqua, fino a divenire un fiume che, nella discesa verso valle si fa strada formando un tracciato, e via via un letto, per infine raggiungere il mare. In natura l'esistenza di una sorgente è determinata da condizioni geologiche e morfologiche. Sono condizioni naturali che determinano il tracciato, il letto ed la portata d’acqua. Ecco io vedo SEL come una sorgente. Nasce per un’esigenza naturale, vitale, noi siamo le condizioni umane per determinarne il percorso e la portata politica e culturale, con cui potremmo contribuire a portare nuova vita nel “mare” della sinistra. Non vorrei mai che altre condizioni geologiche/umane, obbligassero la sorgente a prendere un percorso sotterraneo per perdersi chissà dove.

Dipende da noi. Dobbiamo parlare chiaro. Questo Congresso è lo spartiacque di pensieri e valutazioni fin qui avanzati. Il nascente Partito ha bisogno di persone entusiaste, volenterose, che credono sinceramente nel progetto di costruzione di una sinistra forte. Dobbiamo decidere.

Saremo un anonimo corso d’acqua sotterraneo, o un imponente fiume che con il suo passaggio porterà benessere e fertilità?

Io lavorerò con tutte le forze alla seconda ipotesi. È per questo che vorrei con tutto il cuore ricordare questo giorno e soprattutto il 24 ottobre, giorno del 1° congresso nazionale di SEL, come un giorno importante, un giorno FELICE.

Significherà che con il nostro contributo saremo stati in grado di far nascere un nuovo, credibile partito della sinistra, capace di stoppare il declino reazionario della destra; capace di sconfiggere Berlusconi ed il berlusconismo; capace di svegliare l’immobilismo del centro-sinistra; capace, infine, di riportare la speranza nel nostro Paese.

È per questo motivo, care Compagne e cari Compagni, che auguro a tutti NOI Buon lavoro.

Claudio Paolinelli