lunedì 22 febbraio 2016

Cosmopolitica (il mio intervento 20/2/16)

Non c'è più destra nè sinistra. Quante volte lo sentiamo dire e da quanto tempo. 
Eppure la diade è difforme per caratteristiche e ideologie ben delineate: tradizione per l'uno emancipazione per l'altro, individualismo contrapposto alla solidarietà, gerarchia per la destra, uguaglianza per la sinistra.
Cos'è che determina allora la scomparsa delle differenze tra destra e sinistra? 
Bobbio diceva che “di fronte alla complessità e novità dei problemi che le formazioni politiche debbono affrontare, destra e sinistra dicono su per giù le stesse cose, formulano a uso e consumo dei loro elettori, più o meno gli stessi programmi” quindi “vengono a mancare quelle differenze che meritano di essere contrassegnate con nomi diversi”. 
Il fatto è che quando si dice che non c'è più destra nè sinistra, in realtà è perchè c'è solo la destra. I problemi restano tutti in campo, sono le formazioni politiche di sinistra a non farsene più carico.
La dicotomia destra e sinistra è ancora una condizione umana, anzi è ancora più accentuata, le persone lo sanno bene, anche se non le chiamano con quei nomi. Ricchi e poveri, nord e sud del mondo, tutelati e senza diritti.
L'inganno è nell'uso delle parole.
Troppo spesso viene usato il termine sinistra impropriamente, per disorientare le persone, per dare agli elettori la sensazione e la serenità di continuare a votare a sinistra, magari convinti di votare un partito che non esiste più, e poco importa se le idee sulle quali si basava la loro convinzione, sono state completamente sepolte sotto metri di ipocrisia e cinismo e da interessi altri.
Questo è potuto accadere per una alterazione genetica della politica.
La socialdemocrazia, per molti punto di riferimento di buone pratiche di governo della sinistra, ha accettato di praticare politiche proprie della destra.
Per le complessità e novità dei problemi come diceva Bobbio? O perchè sono venuti a cadere quei princìpi fondamentali e fondativi propri della sinistra. 
Una sconfitta ideologica e anche materiale che però non cancella le condizioni reali. Luciano Gallino diceva giustamente che “Una classe sociale esiste indipendentemente dalle formazioni politiche che ne riconoscono o meno l'esistenza, e perfino da ciò che i suoi componenti pensano o credono di essa”. 
Viviamo da anni la crisi della politica, la sinistra non poteva che subirne gli effetti, frammentata com'è, con quei livelli di litigiosità inaudita. Incomprensibile, inutile soprattutto.
Non voglio aprire la questione della frantumazione della sinistra, credo che sia più un argomento da trattare in qualche simposio di luminari psichiatrici. 
Dico frammentazione della sinistra e non le varie Sinistre, perchè penso che di sinistra ce ne sia una sola, come una sola è la destra. 
Bisogna avere l'ambizione di far nascere qualcosa di nuovo a sinistra, senza aver paura di guardare indietro gli errori, per evitare di commetterne altri.
Provare a costruire un nuovo soggetto basandosi sui princìpi, le idee, i valori tradizionali della sinistra, attualizzandoli però al momento storico che stiamo vivendo. Lasciando fuori, tutte le beghe, le diffidenze, i risentimenti.
Nonostante il tempo perso, lo spazio c'è.
Perchè è inspiegabile il fatto che, con l'evidente crisi del capitalismo e con l'esasperazione sociale, accesa dalla riduzione dei diritti e della democrazia, la sinistra scompaia mentre assistiamo ad un rafforzamento del fascismo e della destra.
Come è possibile che almeno una metà del paese sprofondato nella miseria sia invisibile, rappresentato da nessuno.
Lo spazio teorico dunque c'è, restano da realizzare gli architravi che daranno forma e sostegno ad un ipotetico soggetto a sinistra. 
Per questo ci vuole una alternativa realizzabile e comprensibile capace di ribadire con forza i temi della Sinistra.
Ci vuole poi un gruppo dirigente all'altezza della situazione.
COSCIENZA E ORGANIZZAZIONE.
Ecco perchè è necessario delineare un profilo politico credibile, grazie al quale sarà possibile determinare il campo in cui stare.
Non parlo di alleanze. Sono d'accordo con quei compagni e compagne che dicono che questa assemblea non deve occuparsi di alleanze. Giusto.
Ma dobbiamo decidere in quale campo stare. E individuare i nostri avversari politici.
Fino a qualche anno fa non avevamo problemi a riconoscere Berlusconi come un nostro avversario, un nemico addirittura. Ecco, con la stessa determinazione dobbiamo aver chiaro che il Partito Democratico è un nostro avversario. Non è una questione di risentimento ma la convinzione che i nostri programmi sono alternativi. Vogliamo combattere e ribaltare le politiche messe in atto proprio da quel Partito. 
Sempre che siamo sinceri quando parliamo dell'infamia del jobs-act, o dello Sblocca Italia, della riforma della scuola, dei tagli alla sanità, delle privatizzazioni, della corruzione, dell'evasione fiscale, degli immigrati, dei diritti civili, dello smantellamento della Costituzione...
...e sempre che abbiamo delle soluzioni a questi temi.
Chi dice che il Pd ha cambiato identità per colpa di Renzi o non capisce o è in malafede. Renzi è semplicemente il facilitatore delle politiche del PD.
La scommessa è riuscire a pensare in autonomia e senza subalternità nei confronti di nessuno. A elaborare una proposta chiara, coerente e condivisa. A capire e far capire cosa significa essere di sinistra. Dobbiamo dare soluzioni ai grandi temi che affannano l'umanità.
Dobbiamo restituire un significato positivo alla parola Politica per riconquistare credibilità tra le persone.
Per prima cosa serve un gruppo dirigente nuovo, persone non coinvolte negli errori vecchi e recenti e nei risentimenti. 
Poi serve agire con linguaggi e comportamenti nuovi. Non possiamo pensare di usare le stesse parole del passato perchè oggi non hanno più lo stesso significato. Con la precarizzazione del lavoro ad esempio è stato smontato completamente il significato stesso di Lavoro e quindi di società. È stato annientato il concetto di collettività, lasciando il posto all’individualismo. 
I tempi non sono felici e non sono più possibili riposizionamenti opachi.
Serve un’idea lunga, capace di analizzare e trovare soluzioni alternative a quelle imposte dal liberismo. Un’idea che non si impantani dentro le sabbie mobili delle elezioni, sempre infestate da personalismi e posizionamenti politicistici. Con le primarie milanesi credo che SEL abbia toccato il livello più basso, sia in ambito strategico che politico.
Da questo dipende il futuro di questo timido tentativo che è cosmopolitica, un tentativo ancora insufficiente, che non nasce da un sentimento comune, non da una richiesta popolare di massa e che deve quindi aprirsi generosamente, allargarsi a macchia d'olio su tutto il territorio nazionale, ma con una precisa idea comune.
Infine voglio dirlo, a me non piace un partito gestito dal gruppo parlamentare. Per la mia idea di partito credo neccessaria la suddivisione dei compiti. Penso che un gruppo parlamentare, o regionale, o comunale, debba essere espressione del partito che rappresenta e non il contrario. Lo strumento politico, all'interno delle Istituzioni per promuovere e far valere i valori e le linee condivise discusse democraticamente nel partito. 
Quindi servirebbe anche garantire il livello di democrazia interno al nuovo soggetto, determinare i metodi decisionali, la costruzione della classe dirigente, la presenza sui territori, l'organizzazione. 
Un luogo dove tutti sono indispensabili ma nessuno può sentirsi insostituibile.
C'è chi dice che non bisogna guardarsi indietro. Io invece penso che dobbiamo guardare la nostra storia, anche recente, affrontarla per scuoterla. Solo così permetteremo che il vecchio muoia e il nuovo nasca.
Tutto il resto è autoconservazione, viltà, pancia piena, tornaconto. 
Oppure è incapacità di comprendere il presente, e allora continueremo ad essere ininfluenti, quindi inutili.

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