giovedì 6 gennaio 2011

PERCHE’ STARE CON LA FIOM

Ancora una volta la Fiom, si carica sulle spalle la responsabilità di difendere le regole democratiche in questo Paese, lo fa sottoponendosi a critiche che gli provengono non solo dalla dirigenza della Fiat, ma anche e soprattutto dalle altre sigle sindacali, da parte della stessa CGIL, da molte forze politiche. Una lotta per la democrazia che non è una semplice tutela dei diritti di una parte di lavoratori, quelli metalmeccanici, ma una lotta che tenta di mettere un argine allo straripante tentativo di annullare molti dei diritti ottenuti dai lavoratori e che pregiudicheranno la qualità della vita dei lavoratori stessi, anche in termini di sicurezza.

Solo, pochi mesi fa, a Pomigliano, la Fiat con Marchionne riuscì a strappare ai lavoratori un SI sul referendum, che in realtà era un vero e proprio ricatto occupazionale. Sul tavolo nuovi investimenti in cambio di eliminare alcuni diritti fondamentali. A parte la FIOM che si oppose, le altre forze sindacali giustificarono questo grave atto, per le mutate condizioni economiche, colpa della crisi del settore, il bisogno di ristrutturare l’azienda. Molti minimizzarono, tra questi anche alcuni partiti politici, la richiesta della Fiat la consideravano come un fatto straordinario, una eccezione che i lavoratori potevano accettare, che questa modalità era fine a se stessa e riguardava solo Pomigliano, insomma il male minore di fronte alla perdita del posto del lavoro.

I lavoratori di Pomigliano affrontarono con grande dignità quel referendum, una scelta che cambiava loro il futuro, ed in molti risposero di NO. Sono stati coraggiosi e generosi, e tutti i lavoratori italiani dovranno ringraziarli a lungo.

Passano solo pochi mesi e il metodo Marchionne riappare con tutta la sua drammaticità, e con una maggiore veemenza. Ora anche Mirafiori si trova a fare i conti con il terribile ricatto occupazionale: “ volete lavorare o volete che trasferiamo la produzione delle auto all’estero?”. Stavolta se possibile le condizioni sono peggiori di Pomigliano, stavolta si stravolgono le regole contrattuali, si escludono dalle trattative aziendali le sigle sindacali (FIOM) che non firmano gli accordi.

Sembrerebbe un problema esclusivo dei lavoratori del settore metalmeccanico, dei lavoratori della Fiat, ma non è così. Questi attacchi frontali da parte della maggiore azienda industriale del Paese, aprono la strada ad ulteriori limitazioni dei diritti anche negli altri settori. La tentazione di emulare Marchionne è forte anche da parte di altri manager. Dirigenti sparsi nelle aziende italiane si atteggiano ed addirittura si vestono come Marchionne, con il reale rischio che questi cloni “dell’UOMO DELL’ANNO” , con capacità intellettive e manageriali spesso infinatamente inferiori del loro idolo, faranno della deregulation una bandiera, spingendo nell’angolo (licenziare) chi oserà protestare. I lavoratori delle piccole imprese, quelle del commercio ad esempio, quelli meno tutelati sindacalmente pagheranno un prezzo molto alto per lo sdoganamento messo in atto da Marchionne, con l’approvazione di questo Governo e purtroppo della quasi totalità delle forze politiche e sindacali.

L’Italia dopo il berlusconismo ora si appresta a vivere e subire il marchionnismo.

Basta andare nei posti di lavoro per respirare l’aria che tira. La crisi giustifica tutto, i licenziamenti sono una procedura normale per abbattere i costi, la precarietà è diventata la regola, gli orari di lavoro aumentano, si lavora nei festivi, spesso gli straordinari nemmeno vengono pagati ma conteggiati nelle banche ore.

Ecco, questo mi sembra un buon motivo per sostenere la lotta della FIOM, del suo segretario Landini, dei coraggiosi lavoratori metalmeccanici. Ecco perché il 28 gennaio bisogna andare in piazza per lo sciopero generale indetto dalla FIOM.

Nessun commento: